Avevo solo cinque anni quando mia madre mi lasciò sulla soglia di casa della nonna Rose, con il mascara che mi colava mentre mi spiegava che il suo nuovo marito non voleva figli.
« È la cosa migliore per tutti », sussurrò, poi mi baciò sulla fronte e se ne andò senza voltarsi indietro.
Ho pianto, stringendo forte il mio coniglietto di peluche, quando la nonna mi ha abbracciato e mi ha promesso che ero al sicuro.

Nel corso degli anni, la nonna è diventata il mio mondo: mi leggeva le storie della buonanotte, partecipava a ogni evento scolastico e riempiva la nostra casa di calore.
Tuttavia, a tarda notte, disegnavo me e mia madre, immaginando la vita in cui lei era rimasta.
Conservai quei disegni in una scatola da scarpe sotto il letto e, nonostante avessi costruito una vita piena – con l’università, un lavoro e un appartamento tutto mio – non smisi mai di chiedermi perché lei se ne fosse andata.

Poi, dopo l’improvvisa scomparsa della nonna, mi sono sentito completamente solo.
Fu allora che mia madre si presentò all’improvviso alla mia porta, dicendomi che si pentiva di tutto.
Disse che voleva tornare a far parte della mia vita e, nonostante la mia esitazione, la lasciai entrare.
All’inizio tutto sembrava promettente: pranzi insieme, conversazioni commoventi e foto di vecchi ricordi.